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Report Calcio 2013: il punto della situazione in Italia

Calcio 2013

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Tifosi in calo ma nel 2011/12 sono tornati a crescere i ricavi

Abete: «Possiamo essere  ancora competitivi» : Il calcio italiano, in sostanza, rispecchia la crisi economica avvertita dall’intero Paese. Ed è forse proprio questa la causa di una così alta percentuale che preoccupa le istituzioni del calcio nazionale.

Report Calcio 2013: Il calo dei tifosi è una dato netto

L’ultimo dato confortante in questo senso risale alla stagione 2008/09, quando si è registrato un incremento di spettatori del 5% rispetto alla stagione precedente. Dopo di allora non è più accaduto, fino ad arrivare allo scorso anno, in cui c’è stata una flessione dell’ -1,6% rispetto al campionato 2010/2011. Tradotto in cifre: 13.164.671 tifosi, con una perdita di 200mila unità.

Colpa degli stadi?  “Sicuramente questo fattore rappresenta  una delle cause principali dell’allontanamento progressivo dei tifosi e delle famiglie dagli stadi”. Lo ha confermato Giancarlo Abete, presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, che ha portato l’esempio della Juventus, l’unica società che fino a oggi in Italia si è dotata di  un proprio stadio e che così facendo ha invertito positivamente questa tendenza per quanto la riguarda.

Due ostacoli non di poco conto

La legge sugli stadi resta dunque  una priorità per la Figc , ma purtroppo i lunghi iter burocratici presenti in materia spaventano la politica nel prendere impegni chiari. Lo ha detto anche l’onorevole Enrico Letta, che ha preso parte all’incontro in qualità di segretario generale dell’Arel, l’agenzia di ricerche e legislazione, la quale, insieme alla Figc e alla Partner PricewaterhouseCoopers di Emanuele Grasso, ha curato il Report 2013: «La politica ha difficoltà a sviluppare un discorso organico sulla questione degli stadi – ha detto Letta – forse paghiamo l’eccessiva frammentazione delle normative locali sull’urbanistica, ma è chiaro che dobbiamo colmare questa lacuna». La disamina di chi oltretutto in passato ha ricoperto la carica di Ministro dell’industria e del Commercio, e conosce le prospettive economiche del nostro paese, è molto chiara e pertanto non deve essere presa sottogamba,  anche perché il calcio resta per l’erario una fonte di reddito non irrilevante.

Il Report, infatti, mostra che il contributo fiscale e previdenziale aggregato  fornito dal calcio italiano al fisco solo nel 2010 ammonta a circa un miliardo e 69 milioni di euro. In particolare, è aumentato il livello aggregato di contribuzione fiscale e previdenziale della serie A, che nel 2010 equivale  a 714,5 milioni di euro, con un netto +54% rispetto al 2006.

Il problema dello stadio di proprietà in Italia

La seconda problematica è invece  legata al fatto che nel nostro paese non si è ancora diffusamente affermata l’idea dello stadio di proprietà, poiché in molti tra tifosi e addetti ai lavori non hanno compreso bene  i vantaggi che si possono ottenere  dalla costruzione e lo sfruttamento di nuovi impianti.

Purtroppo il nostro è soprattutto un problema di mentalità: il sistema calcio Italia interviene  con colpevole ritardo sulla questione che riguarda l’implementazione di strutture moderne e all’avanguardia in ambito sportivo, e dopo oltre vent’anni non è ancora al passo con il resto dei paesi europei.  Una  pratica solitamente  condivisa è quella di considerare i costi del calcio esclusivamente  come degli esborsi onerosi, da non poterci permettere, mentre  la società Juventus ha dimostrato in appena 2 anni, che alcuni tipi di spesa possono tradursi nel medio-lungo termine in una proficua fonte di investimento con dei ricavi futuri pari, se non addirrittura superiori a quanto concesso all’inizio di un progetto ( aumento del capitale deciso dal cda, costruzione dello Juventus Stadium e allestimento di una squadra tornata finalmente competitiva). Dunque, un metodo sicuramente efficace  per combattere la crisi di questo periodo non è solo quello di rinunciare ai grandi campioni e ricorrere all’abbassamento del monte ingaggi per una ricapitalizzazione comunque necessaria per le casse societarie, ma anche quello di affrontare la recessione,  effettuando delle spese che si è sicuri possano rivelarsi come dei veri e propri investimenti per il futuro. In poche parole, bisogna saper rischiare.

Aspetti negativi ma anche speranza all’orizzonte. «Le nostre criticità, specchiate nel Report calcio 2013 devono farci riflettere – ha detto Abete – ma non devono scoraggiarci e, anzi, dobbiamo interpretarle come un stimolo che ci serve per poter correggere i difetti del nostro sistema. In fondo – conclude Abete – non dobbiamo dimenticarci che il calcio italiano professionistico continua ad attestarsi su livelli estremamente competitivi. Negli ultimi anni abbiamo mantenuto un trend positivo sul versante crescita e ricavi, in controtendenza con il resto del Paese. Questo, nel contesto generale di crisi, rappresenta un potenziale di crescita».



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